Immagine di copertina di: Lavoro agile, Cisal: «Bisogna regolamentare i parametri»

Chiuso l’incontro interlocutorio per la definizione degli atti di indirizzo sullo smart working. Ecco l’intervento del Segretario Confederale, Marcello Pacifico, presente al tavolo


Si è concluso il primo incontro interlocutorio per la definizione degli atti di indirizzo sul ‘lavoro agile’ presso il Ministero della Pubblica Amministrazione. Per la delegazione Cisal erano presenti Marcello Pacifico e Gianmauro Nonnis. Marcello Pacifico, presidente Anief e Segretario Confederale Cisal, ha affermato che «occorre fare un distinguo tra il lavoro agile già normato in parte dal Jobs Act e il telelavoro che si sta di fatto utilizzando per gli effetti della pandemia; la modalità adesso utilizzata non ha sufficienti parametri per la definizione degli straordinari, della valorizzazione del lavoro accessorio, del diritto alla disconnessione. Per quanto riguarda il lavoro agile ci sono delle cose che devono essere normate nel contratto, sia nel lavoro pubblico che in quello privato, e devono andare a rivisitare e disciplinare i vecchi istituti. Se il Governo vuole andare verso il 70% della PA che utilizza questo lavoro agile, come maniera ordinaria al di là dell’epidemia e del 15 ottobre, unica data che autorizza lo stato emergenziale, bisogna regolamentare. È ovvio dunque che nel rinnovo dei contratti ci deve essere una grande rivisitazione su come svolgere questa attività. Anche per quanto riguarda il salario accessorio, i premi e i risultati, quindi gli incrementi di stipendio. Poi importante è il diritto alla disconnessione. Ben venga da parte del ministro l’avvio dei tavoli per la definizione degli atti di indirizzo però occorre definire in partenza gli estremi dell’intervento, a titolo di esempio il comparto scuola, che contiene a grandi linee quasi la metà del pubblico impiego, si vede escluso dal lavoro agile dal decreto agostano, come indicato dal legislatore, fatto dovuto alla riapertura della scuola. Ma sappiamo che alcune scuole non riapriranno; quindi serve un emendamento per definire meglio quello che si voleva dire. Bisogna dunque porre anche attenzione al concetto di lavoratori fragili. Quindi se le scuole dovessero chiudere per quarantena, il personale docente e amministrativo posto in smart working non si capisce a quale categoria lavorativa farebbe capo, alla pari dei lavoratori fragili esonerati dal servizio in sede, risulterebbero inabili al lavoro in sede ma abili per il medesimo lavoro in remoto. Questo marasma sul preciso inquadramento lavorativo crea confusione anche tra i lavoratori e differenze di interpretazione tra sezioni del medesimo comparto. Siamo lieti che si aprano questi tavoli per andare ad analizzare gli atti di indirizzo, i contratti vanno rinnovati, potrebbero essere utilizzati i fondi del Recovery Fund. Infine è necessario avere indicazioni celeri sulla riapertura, visto che, lunedì prossimo, riapriranno tutte le scuole».

Immagine di copertina di: Lavoro agile, Cisal: «Bisogna regolamentare i parametri»

Chiuso l’incontro interlocutorio per la definizione degli atti di indirizzo sullo smart working. Ecco l’intervento del Segretario Confederale, Marcello Pacifico, presente al tavolo


Si è concluso il primo incontro interlocutorio per la definizione degli atti di indirizzo sul ‘lavoro agile’ presso il Ministero della Pubblica Amministrazione. Per la delegazione Cisal erano presenti Marcello Pacifico e Gianmauro Nonnis. Marcello Pacifico, presidente Anief e Segretario Confederale Cisal, ha affermato che «occorre fare un distinguo tra il lavoro agile già normato in parte dal Jobs Act e il telelavoro che si sta di fatto utilizzando per gli effetti della pandemia; la modalità adesso utilizzata non ha sufficienti parametri per la definizione degli straordinari, della valorizzazione del lavoro accessorio, del diritto alla disconnessione. Per quanto riguarda il lavoro agile ci sono delle cose che devono essere normate nel contratto, sia nel lavoro pubblico che in quello privato, e devono andare a rivisitare e disciplinare i vecchi istituti. Se il Governo vuole andare verso il 70% della PA che utilizza questo lavoro agile, come maniera ordinaria al di là dell’epidemia e del 15 ottobre, unica data che autorizza lo stato emergenziale, bisogna regolamentare. È ovvio dunque che nel rinnovo dei contratti ci deve essere una grande rivisitazione su come svolgere questa attività. Anche per quanto riguarda il salario accessorio, i premi e i risultati, quindi gli incrementi di stipendio. Poi importante è il diritto alla disconnessione. Ben venga da parte del ministro l’avvio dei tavoli per la definizione degli atti di indirizzo però occorre definire in partenza gli estremi dell’intervento, a titolo di esempio il comparto scuola, che contiene a grandi linee quasi la metà del pubblico impiego, si vede escluso dal lavoro agile dal decreto agostano, come indicato dal legislatore, fatto dovuto alla riapertura della scuola. Ma sappiamo che alcune scuole non riapriranno; quindi serve un emendamento per definire meglio quello che si voleva dire. Bisogna dunque porre anche attenzione al concetto di lavoratori fragili. Quindi se le scuole dovessero chiudere per quarantena, il personale docente e amministrativo posto in smart working non si capisce a quale categoria lavorativa farebbe capo, alla pari dei lavoratori fragili esonerati dal servizio in sede, risulterebbero inabili al lavoro in sede ma abili per il medesimo lavoro in remoto. Questo marasma sul preciso inquadramento lavorativo crea confusione anche tra i lavoratori e differenze di interpretazione tra sezioni del medesimo comparto. Siamo lieti che si aprano questi tavoli per andare ad analizzare gli atti di indirizzo, i contratti vanno rinnovati, potrebbero essere utilizzati i fondi del Recovery Fund. Infine è necessario avere indicazioni celeri sulla riapertura, visto che, lunedì prossimo, riapriranno tutte le scuole».