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I dirigenti sindacali della Cisal Ferdinando Palumbo, Mauro Naddei e Livio Marrocco hanno inoltrato una comunicazione al Prefetto di Caserta volta ad analizzare e discutere delle filiere industriali agroalimentari, metalmeccaniche e chimiche che connotano l’economia in Terra di Lavoro.
“La provincia di Caserta – si legge nel documento – è storicamente connotata per la forte presenza dell’industria e dell’agroindustria che rappresentano una vera e propria vocazione del territorio ed anche un’importantissima fonte di occupazione stabile e tenuta sociale capaci di restituire agli addetti, ivi compresi quelli dell’indotto, continuità retributiva spesso di buon livello. Purtroppo, durante gli ultimi lustri, alcune dinamiche di politica economica e le ripetute crisi di talune filiere hanno fortemente impattato in “Terra di Lavoro” trasformando quelli che un tempo erano approfondimenti impresa/sindacato legati allo sviluppo ed alla nascita di nuovi insediamenti in ripetute discussioni vertenziali spesso sfociate nella richiesta di ammortizzatori sociali. Le molteplici realtà della provincia, a cominciare da quelle dell’indotto automotive, hanno troppo spesso comunicato stati di crisi aziendali la cui ricaduta occupazionale ha rappresentato un impatto economico ed anche d’immagine per la futura attrattività dei territori. Il mancato sviluppo e la messa a regime di nuove infrastrutture, che pure erano sorte soprattutto in corrispondenza del Capoluogo, e la tragica piaga delle morti bianche hanno minato un campo che avrebbe caratteristiche per poter primeggiare. La cronica emergenza brucellosi del settore della filiera bufalina ha impedito ad un settore d’eccellenza quale quello della produzione della mozzarella di bufala campana dop di espandersi come avrebbe dovuto e potuto. Giova ricordare che al tramonto della stagione emergenziale imposta dalla pandemia, le prospettive di crescita erano molto positive, nonostante avanzasse la minaccia dell’affondo inflattivo. La tendenza è stata incoraggiante fino alla prima metà del 2023, allorquando si parlava in maniera generalizzata di stime al rialzo in Italia, nonostante la perdurante preoccupazione dovuta alle instabilità geopolitiche e alla guerra in Ucraina. Poi d’improvviso il primo dato allarmante, il perdurare del calo del PIL tedesco, ormai considerato in recessione visto il perdurare di dati negativi già da fine 2022. È opinione diffusa che ciò possa frenare il PIL italiano, per le ripercussioni sulle nostre esportazioni, in particolare quelle industriali; fioccano previsioni negative e dati rivisti al ribasso in sede europea, ma anche da parte di Confindustria – proseguono – Tale scenario potrebbe essere aggravato da ulteriori aumenti del costo del denaro, che da più parti si vuole scongiurare. Alla luce di questi dati, la nostra preoccupazione a livello territoriale non può che crescere, in particolare per comparti che nel casertano hanno già attraversato tempi difficili, che dopo la pandemia seppur cautamente avevano dato buoni segnali di ripresa, registrando una netta contrazione del ricorso alla cassa integrazione in particolar modo nell’automotive. L’inflazione che continua ad essere elevata per settori come quello alimentare, nonostante il placarsi delle instabilità dei prezzi energetici, rischia di tornare ad essere un fattore destabilizzante e le cautele che il quadro di insieme pone sulla prossima manovra finanziaria aumentano inesorabilmente le incertezze in tutto il comparto manufatturiero. Suona poi alquanto sconcertante in questo panorama che la stessa Germania, protagonista dei continui richiami alle politiche del rigore alla vigilia della discussione sul Patto di stabilità e crescita, sia accusata dalla propria Corte dei conti di aver un deficit doppio rispetto a quello dichiarato, in virtù di un uso disinvolto dei fondi speciali, espressamente vietato dalla UE. Confidiamo nelle istituzioni nazionali auspicando un rilancio efficace della crescita economica. La necessità di accrescere la possibilità di spesa delle famiglie deve essere supportata da una stagione di necessaria crescita retributiva e da politiche attive, sociali ed occupazionali, capaci di colmare il gap occupazionale di genere, vera piaga del Meridione d’Italia e del Territorio della Provincia di Caserta. Soltanto ripristinando un clima di fiducia con misure adeguate sarà possibile evitare nuove gravi crisi dei settori produttivi di aree depresse come quella di Caserta”.
I dirigenti sindacali della Cisal Ferdinando Palumbo, Mauro Naddei e Livio Marrocco hanno inoltrato una comunicazione al Prefetto di Caserta volta ad analizzare e discutere delle filiere industriali agroalimentari, metalmeccaniche e chimiche che connotano l’economia in Terra di Lavoro.
“La provincia di Caserta – si legge nel documento – è storicamente connotata per la forte presenza dell’industria e dell’agroindustria che rappresentano una vera e propria vocazione del territorio ed anche un’importantissima fonte di occupazione stabile e tenuta sociale capaci di restituire agli addetti, ivi compresi quelli dell’indotto, continuità retributiva spesso di buon livello. Purtroppo, durante gli ultimi lustri, alcune dinamiche di politica economica e le ripetute crisi di talune filiere hanno fortemente impattato in “Terra di Lavoro” trasformando quelli che un tempo erano approfondimenti impresa/sindacato legati allo sviluppo ed alla nascita di nuovi insediamenti in ripetute discussioni vertenziali spesso sfociate nella richiesta di ammortizzatori sociali. Le molteplici realtà della provincia, a cominciare da quelle dell’indotto automotive, hanno troppo spesso comunicato stati di crisi aziendali la cui ricaduta occupazionale ha rappresentato un impatto economico ed anche d’immagine per la futura attrattività dei territori. Il mancato sviluppo e la messa a regime di nuove infrastrutture, che pure erano sorte soprattutto in corrispondenza del Capoluogo, e la tragica piaga delle morti bianche hanno minato un campo che avrebbe caratteristiche per poter primeggiare. La cronica emergenza brucellosi del settore della filiera bufalina ha impedito ad un settore d’eccellenza quale quello della produzione della mozzarella di bufala campana dop di espandersi come avrebbe dovuto e potuto. Giova ricordare che al tramonto della stagione emergenziale imposta dalla pandemia, le prospettive di crescita erano molto positive, nonostante avanzasse la minaccia dell’affondo inflattivo. La tendenza è stata incoraggiante fino alla prima metà del 2023, allorquando si parlava in maniera generalizzata di stime al rialzo in Italia, nonostante la perdurante preoccupazione dovuta alle instabilità geopolitiche e alla guerra in Ucraina. Poi d’improvviso il primo dato allarmante, il perdurare del calo del PIL tedesco, ormai considerato in recessione visto il perdurare di dati negativi già da fine 2022. È opinione diffusa che ciò possa frenare il PIL italiano, per le ripercussioni sulle nostre esportazioni, in particolare quelle industriali; fioccano previsioni negative e dati rivisti al ribasso in sede europea, ma anche da parte di Confindustria – proseguono – Tale scenario potrebbe essere aggravato da ulteriori aumenti del costo del denaro, che da più parti si vuole scongiurare. Alla luce di questi dati, la nostra preoccupazione a livello territoriale non può che crescere, in particolare per comparti che nel casertano hanno già attraversato tempi difficili, che dopo la pandemia seppur cautamente avevano dato buoni segnali di ripresa, registrando una netta contrazione del ricorso alla cassa integrazione in particolar modo nell’automotive. L’inflazione che continua ad essere elevata per settori come quello alimentare, nonostante il placarsi delle instabilità dei prezzi energetici, rischia di tornare ad essere un fattore destabilizzante e le cautele che il quadro di insieme pone sulla prossima manovra finanziaria aumentano inesorabilmente le incertezze in tutto il comparto manufatturiero. Suona poi alquanto sconcertante in questo panorama che la stessa Germania, protagonista dei continui richiami alle politiche del rigore alla vigilia della discussione sul Patto di stabilità e crescita, sia accusata dalla propria Corte dei conti di aver un deficit doppio rispetto a quello dichiarato, in virtù di un uso disinvolto dei fondi speciali, espressamente vietato dalla UE. Confidiamo nelle istituzioni nazionali auspicando un rilancio efficace della crescita economica. La necessità di accrescere la possibilità di spesa delle famiglie deve essere supportata da una stagione di necessaria crescita retributiva e da politiche attive, sociali ed occupazionali, capaci di colmare il gap occupazionale di genere, vera piaga del Meridione d’Italia e del Territorio della Provincia di Caserta. Soltanto ripristinando un clima di fiducia con misure adeguate sarà possibile evitare nuove gravi crisi dei settori produttivi di aree depresse come quella di Caserta”.
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