Immagine di copertina di: La dignità dei professionisti ai tempi del Covid, secondo l’Agenzia delle Entrate
27 Novembre 2020
 / 

L’analisi del Commissario Nazionale della Filp Cisal, Vincenzo Morelli


Con una recentissima risposta da interpello l’Agenzia delle Entrate ha affermato che la chiusura a causa del contagio da Covid-19 dello studio professionale non costituisce causa di “forza maggiore” o un “evento eccezionale e imprevedibile” che legittimi la sospensione o il differimento degli obblighi fiscali per il contribuente assistito. Pertanto anche se uno studio professionale è posto in “quarantena” obbligatoria a causa di una gravissima ed imprevedibile pandemia mondiale, le scadenze fiscali vanno rispettate, pena l’applicazione di sanzioni. Dal ragionamento dell’Agenzia si potrebbe ricavare il seguente “principio”: poiché non è il contribuente ad essere impossibilitato ad effettuare gli adempimenti a causa della quarantena ma il suo intermediario, ben potrebbe essere lo stesso contribuente, benché in “eventuale difficoltà da valutarsi caso per caso”, a porre in essere in autonomia l’adempimento (magari, rivolgendosi ad un altro intermediario!). Come naturale conseguenza, qualora ciò non venga fatto, i contribuenti risultano responsabili nei confronti del Fisco e – si aggiunge – se ne potrebbe anche desumere una potenziale responsabilità dello stesso professionista nei confronti del contribuente e del Fisco (si pensi ai tardivi invii delle dichiarazioni fiscali per i quali la normativa fiscale pone una sanzione anche in capo all’intermediario). La posizione degli Uffici è intollerabile e va del tutto rigettata per diverse e convergenti ragioni. Non si vuole qui entrare nel merito – come invece fa l’Agenzia per sostenere una posizione che non è obiettivamente sostenibile – di cosa si intenda per “causa di forza maggiore” o di “evento eccezionale e imprevedibile”. E non lo si vuol fare perché sembra assurdo ed inconcepibile che una pandemia mondiale che causa – solo in Italia – decine di migliaia di contagi al giorno e centinaia di morti – non possa essere ricondotta in una o dell’altra categoria. Lo stesso vale per l’inconsapevole e involontario contagio dei professionisti. La posizione dell’Agenzia va poi criticata in quanto potenzialmente in grado di generare insanabili conflitti tra lo studio professionale ed il contribuente/cliente nonché vere e proprie distorsioni della concorrenza. È chiaro che, in base alla posizione dell’Agenzia, se il contribuente non può essere seguito nell’effettuazione degli adempimenti dal professionista di fiducia posto in quarantena, deve trovarsene – e in fretta – un altro (perché che, al tempo dei mille lacci e lacciuoli che governano il Fisco italiano, è impensabile che il contribuente provveda in autonomia a farlo, come ritiene l’Agenzia).  È vero: il Codice deontologico di tutte le professioni impone generalmente un dovere di solidarietà ed un obbligo di lealtà tra professionisti e ciò anche nella ipotesi di impedimento temporaneo di un professionista. Ma è chiaro a tutti che un danno – per quanto involontario ed inconsapevole – generato da un professionista ad un contribuente di certo non migliora i rapporti con la clientela, con tutte le conseguenze che ne derivano e che sono facilmente intuibili.  Ad avviso di chi scrive, la posizione dell’Agenzia pone anche un tema di incolumità pubblica: con una posizione così estrema dell’Agenzia, vi è il serio rischio che, per evitare di creare danni alla propria clientela (e al proprio studio professionale) i professionisti siano spinti a violare la quarantena per portare a termine gli adempimenti. Si vedrà se sarà inserita qualche nuova legge o sarà varato qualche nuovo provvedimento per risolvere il problema. Nel frattempo, un dato è certo: la dignità dei professionisti è lesa pesantemente una volta di più, con danni inesorabili per tutte le categorie professionali, per i clienti assistiti e, più in generale, per l’intera collettività. Si deve infatti rimarcare che tutte le categorie professionali – tra cui quelle che svolgono attività di intermediari fiscali – svolgono una funzione di tutela degli interessi erariali e di presidio di legalità. Ci si chiede allora: se è in primo luogo l’Erario a calpestare la dignità dei professionisti, quando resisterà questo baluardo di legalità?

Immagine di copertina di: La dignità dei professionisti ai tempi del Covid, secondo l’Agenzia delle Entrate
27 Novembre 2020
 / 

L’analisi del Commissario Nazionale della Filp Cisal, Vincenzo Morelli


Con una recentissima risposta da interpello l’Agenzia delle Entrate ha affermato che la chiusura a causa del contagio da Covid-19 dello studio professionale non costituisce causa di “forza maggiore” o un “evento eccezionale e imprevedibile” che legittimi la sospensione o il differimento degli obblighi fiscali per il contribuente assistito. Pertanto anche se uno studio professionale è posto in “quarantena” obbligatoria a causa di una gravissima ed imprevedibile pandemia mondiale, le scadenze fiscali vanno rispettate, pena l’applicazione di sanzioni. Dal ragionamento dell’Agenzia si potrebbe ricavare il seguente “principio”: poiché non è il contribuente ad essere impossibilitato ad effettuare gli adempimenti a causa della quarantena ma il suo intermediario, ben potrebbe essere lo stesso contribuente, benché in “eventuale difficoltà da valutarsi caso per caso”, a porre in essere in autonomia l’adempimento (magari, rivolgendosi ad un altro intermediario!). Come naturale conseguenza, qualora ciò non venga fatto, i contribuenti risultano responsabili nei confronti del Fisco e – si aggiunge – se ne potrebbe anche desumere una potenziale responsabilità dello stesso professionista nei confronti del contribuente e del Fisco (si pensi ai tardivi invii delle dichiarazioni fiscali per i quali la normativa fiscale pone una sanzione anche in capo all’intermediario). La posizione degli Uffici è intollerabile e va del tutto rigettata per diverse e convergenti ragioni. Non si vuole qui entrare nel merito – come invece fa l’Agenzia per sostenere una posizione che non è obiettivamente sostenibile – di cosa si intenda per “causa di forza maggiore” o di “evento eccezionale e imprevedibile”. E non lo si vuol fare perché sembra assurdo ed inconcepibile che una pandemia mondiale che causa – solo in Italia – decine di migliaia di contagi al giorno e centinaia di morti – non possa essere ricondotta in una o dell’altra categoria. Lo stesso vale per l’inconsapevole e involontario contagio dei professionisti. La posizione dell’Agenzia va poi criticata in quanto potenzialmente in grado di generare insanabili conflitti tra lo studio professionale ed il contribuente/cliente nonché vere e proprie distorsioni della concorrenza. È chiaro che, in base alla posizione dell’Agenzia, se il contribuente non può essere seguito nell’effettuazione degli adempimenti dal professionista di fiducia posto in quarantena, deve trovarsene – e in fretta – un altro (perché che, al tempo dei mille lacci e lacciuoli che governano il Fisco italiano, è impensabile che il contribuente provveda in autonomia a farlo, come ritiene l’Agenzia).  È vero: il Codice deontologico di tutte le professioni impone generalmente un dovere di solidarietà ed un obbligo di lealtà tra professionisti e ciò anche nella ipotesi di impedimento temporaneo di un professionista. Ma è chiaro a tutti che un danno – per quanto involontario ed inconsapevole – generato da un professionista ad un contribuente di certo non migliora i rapporti con la clientela, con tutte le conseguenze che ne derivano e che sono facilmente intuibili.  Ad avviso di chi scrive, la posizione dell’Agenzia pone anche un tema di incolumità pubblica: con una posizione così estrema dell’Agenzia, vi è il serio rischio che, per evitare di creare danni alla propria clientela (e al proprio studio professionale) i professionisti siano spinti a violare la quarantena per portare a termine gli adempimenti. Si vedrà se sarà inserita qualche nuova legge o sarà varato qualche nuovo provvedimento per risolvere il problema. Nel frattempo, un dato è certo: la dignità dei professionisti è lesa pesantemente una volta di più, con danni inesorabili per tutte le categorie professionali, per i clienti assistiti e, più in generale, per l’intera collettività. Si deve infatti rimarcare che tutte le categorie professionali – tra cui quelle che svolgono attività di intermediari fiscali – svolgono una funzione di tutela degli interessi erariali e di presidio di legalità. Ci si chiede allora: se è in primo luogo l’Erario a calpestare la dignità dei professionisti, quando resisterà questo baluardo di legalità?