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Il Segretario Generale, Francesco Cavallaro: “Fenomeno preoccupante. Potenziare il sistema duale”
“I giovani non si aspettano miracoli ma strumenti utili per costruirsi un futuro. Non stanno bene seduti sul divano. Anzi stanno malissimo. I ragazzi che né studiano né lavorano in Italia hanno superato i 3 milioni. Praticamente uno su quattro. L’ennesimo record terribile – sottolinea. E’ evidente che le misure varate fino ad oggi non sono state sufficienti ad invertire la tendenza. Occorre migliorare il raccordo istruzione e lavoro sul modello tedesco aiutando le scuole a fare bene l’alternanza, potenziando la formazione professionale e rafforzando il sistema degli Its”. E’ il commento del Segretario generale, Francesco Cavallaro, sul crescente fenomeno dei Neet in Italia.
I Neet tra 15 e 34 anni hanno superato quota 3 milioni. Gli oltre 3 milioni di ragazzi Neet rappresentano il 25,1% dei giovani italiani tra i 15 e i 34 anni, praticamente 1 su 4. Non solo. Ben 1,7 milioni sono donne. Insomma, un vero e proprio esercito che, invece di ridursi, si è di anno in anno implementato, amplificando i divari a livello internazionale. Praticamente, dopo Turchia (33,6%), Montenegro (28,6%) e Macedonia (27,6%), nel 2020 l’Italia è risultato il paese con il maggior tasso di Neet. Negli ultimi mesi del 2020 il Covid ha peggiorato il quadro. Eurostat, Ocse, Istat hanno evidenziato come in Italia una donna su due non lavora e il 25% delle ragazze con meno di 30 anni è Neet. Delle 8,6 milioni di donne in questa condizione in Europa, un terzo appartiene all’Italia. Alta poi è la quota di abbandoni prematuri della scuola. Nel secondo trimestre 2020, da noi, il percorso formativo si è interrotto molto presto per il 13,5% dei giovani tra 18 e 24 anni (sono giovani che hanno al più la licenza media).
Allarme donne. L’identikit di questa “lost generation”, come l’ha recentemente definita il premier, Mario Draghi, è piuttosto chiaro: nella fascia d’età scolare (15-19 anni) i Neet italiani sono il 75% in più della media Ue; nella fascia universitaria (20-24) sono il 70% in più. In sintesi, un giovane su 3 tra i 20 e i 24 anni è Neet, mentre tra i giovanissimi (15-19 anni) 1 su 10 è fuori dal mondo della scuola e del lavoro. La situazione è peggiore per le donne. La quota “rosa” tra i Neet passa dal 45% nella fascia 15-19 anni al 66% di quella più matura (30-34). Puntando la lente di ingrandimento, tra gli oltre 3 milioni di Neet 15-34enni i disoccupati, ovvero chi non ha un impiego ma lo sta cercando, sono circa 1 milione, mentre gli inattivi, cioè chi non ha un lavoro ma non lo sta cercando, sono i restanti 2 milioni. I Neet hanno generalmente un basso titolo di studio (circa il 27%). Allargando lo sguardo a livello territoriale, l’Italia risulta divisa in due macro-blocchi: la zona centro-settentrionale, che è in linea o al di sotto della media europea (15%), e la zona del Mezzogiorno, in cui si evidenziano le maggiori criticità, con tre campanelli d’allarme in Sicilia (30,3% di Neet 15-24 anni, dato 2019), in Calabria (28,4%), Campania (27,3 per cento).
Il Segretario Generale, Francesco Cavallaro: “Fenomeno preoccupante. Potenziare il sistema duale”
“I giovani non si aspettano miracoli ma strumenti utili per costruirsi un futuro. Non stanno bene seduti sul divano. Anzi stanno malissimo. I ragazzi che né studiano né lavorano in Italia hanno superato i 3 milioni. Praticamente uno su quattro. L’ennesimo record terribile – sottolinea. E’ evidente che le misure varate fino ad oggi non sono state sufficienti ad invertire la tendenza. Occorre migliorare il raccordo istruzione e lavoro sul modello tedesco aiutando le scuole a fare bene l’alternanza, potenziando la formazione professionale e rafforzando il sistema degli Its”. E’ il commento del Segretario generale, Francesco Cavallaro, sul crescente fenomeno dei Neet in Italia.
I Neet tra 15 e 34 anni hanno superato quota 3 milioni. Gli oltre 3 milioni di ragazzi Neet rappresentano il 25,1% dei giovani italiani tra i 15 e i 34 anni, praticamente 1 su 4. Non solo. Ben 1,7 milioni sono donne. Insomma, un vero e proprio esercito che, invece di ridursi, si è di anno in anno implementato, amplificando i divari a livello internazionale. Praticamente, dopo Turchia (33,6%), Montenegro (28,6%) e Macedonia (27,6%), nel 2020 l’Italia è risultato il paese con il maggior tasso di Neet. Negli ultimi mesi del 2020 il Covid ha peggiorato il quadro. Eurostat, Ocse, Istat hanno evidenziato come in Italia una donna su due non lavora e il 25% delle ragazze con meno di 30 anni è Neet. Delle 8,6 milioni di donne in questa condizione in Europa, un terzo appartiene all’Italia. Alta poi è la quota di abbandoni prematuri della scuola. Nel secondo trimestre 2020, da noi, il percorso formativo si è interrotto molto presto per il 13,5% dei giovani tra 18 e 24 anni (sono giovani che hanno al più la licenza media).
Allarme donne. L’identikit di questa “lost generation”, come l’ha recentemente definita il premier, Mario Draghi, è piuttosto chiaro: nella fascia d’età scolare (15-19 anni) i Neet italiani sono il 75% in più della media Ue; nella fascia universitaria (20-24) sono il 70% in più. In sintesi, un giovane su 3 tra i 20 e i 24 anni è Neet, mentre tra i giovanissimi (15-19 anni) 1 su 10 è fuori dal mondo della scuola e del lavoro. La situazione è peggiore per le donne. La quota “rosa” tra i Neet passa dal 45% nella fascia 15-19 anni al 66% di quella più matura (30-34). Puntando la lente di ingrandimento, tra gli oltre 3 milioni di Neet 15-34enni i disoccupati, ovvero chi non ha un impiego ma lo sta cercando, sono circa 1 milione, mentre gli inattivi, cioè chi non ha un lavoro ma non lo sta cercando, sono i restanti 2 milioni. I Neet hanno generalmente un basso titolo di studio (circa il 27%). Allargando lo sguardo a livello territoriale, l’Italia risulta divisa in due macro-blocchi: la zona centro-settentrionale, che è in linea o al di sotto della media europea (15%), e la zona del Mezzogiorno, in cui si evidenziano le maggiori criticità, con tre campanelli d’allarme in Sicilia (30,3% di Neet 15-24 anni, dato 2019), in Calabria (28,4%), Campania (27,3 per cento).
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